Leggo, con attempata e invidiosa simpatia, che è oggi in uso tra i giovani maschi della specie umana comporre dei
brevi scritti utilizzando parole seducenti ed ammalianti. La pratica, che ha
come unico scopo (?) quello di rintontire le giovani femmine della stessa
specie rendendole così più disponibili all'attività sessuale, adopera la
formula del "mantra". Si tratta in sostanza di una invocazione ripetuta ossessivamente fino a stordire la femmina
prescelta ed indurla alla resa. Può essere trascritto, recitato ad alta voce,
teneramente sussurrato o anche solo enunciato mentalmente. Scelta,
quest'ultima, scartata di principio dai galletti novelli, pena la mancata
conquista della meta desiderata. Quindi la disfatta cerebrale e l'annientamento
dell'autostima.
Ora, ai miei
tempi vigeva un sacro rispetto per le belle lettere, in tutte le sue forme
stilistiche e retoriche, incluse quelle di origine orientale come, appunto, il
"mantra" che, poco
conosciuto, iniziava solo allora ad affacciarsi sulla scena italiana, al pari
della cannabis, per restare nel
filone delle eccellenze. Nessuno, quindi, avrebbe osato cimentarsi nel seminare
queste trappole linguistiche di basso bracconaggio. Ci si dedicava molto,
invece e più signorilmente, alle buone letture sull'argomento.
Posto che "La sostanza del problema"
(assicurarsi la gnocca in tempi
ragionevoli) rappresentava ovviamente una questione altrettanto pressante.
Il testo al
quale si faceva ciecamente riferimento era un voluminoso tomo di circa 462
pagine, considerato come una pietra miliare nell'ambito della sessuologia. Si
trattava di: "Come farsela dare in 45 minuti", scritto da un anziano
caposcuola nordamericano, vera celebrità negli studi di questo settore, tale Maj Wysta.
Il branco
degli (allora) giovani maschi, disponeva però di un solo volume che, a turno,
veniva consultato dai vogliosi membri della specie. Tuttavia, tale volume ci
era giunto (rubato) già vecchiotto ed era stampato veramente male, di pessima
qualità, con addirittura dei gruppetti di pagine appiccicate e quasi
inseparabili. Quindi l'impressione dopo la lettura di alcuni capitoli (quelli
con le figure) generava una certa inquietudine, una opprimente ansia, come se
alla fine qualcosa di fondamentale sfuggisse o non fosse ben compreso.
Per cui,
quanto effettivamente queste trepidanti letture, spesso notturne, siano state
utili al raggiungimento del traguardo, non è cosa che si possa confessare ai
nuovi rappresentanti della specie. Anche perché la diversità delle strategie
messe in atto per affrontare il sempiterno tormento, rende le esperienze
incomparabili. (Questo l'ho scritto un
po' per pararmelo, lo ammetto).
Comunque, per
ciò che riguarda l'eventuale stesura di un "mantra", qualora inopinatamente mi tornasse qualche prurito, in
tasca qualche parolina da sparpagliare ce l’ho anche io. Il fatto è che al solo
pensiero un dubbio mi assale e mi intimidisce: e se il mio "mantra", pur decoroso, non fosse
abbastanza lungo?