venerdì 13 novembre 2015

"La sostanza del problema"


Leggo, con attempata e invidiosa simpatia, che è oggi in uso tra i giovani maschi della specie umana comporre dei brevi scritti utilizzando parole seducenti ed ammalianti. La pratica, che ha come unico scopo (?) quello di rintontire le giovani femmine della stessa specie rendendole così più disponibili all'attività sessuale, adopera la formula del "mantra". Si tratta in sostanza di una invocazione ripetuta ossessivamente fino a stordire la femmina prescelta ed indurla alla resa. Può essere trascritto, recitato ad alta voce, teneramente sussurrato o anche solo enunciato mentalmente. Scelta, quest'ultima, scartata di principio dai galletti novelli, pena la mancata conquista della meta desiderata. Quindi la disfatta cerebrale e l'annientamento dell'autostima.

Ora, ai miei tempi vigeva un sacro rispetto per le belle lettere, in tutte le sue forme stilistiche e retoriche, incluse quelle di origine orientale come, appunto, il "mantra" che, poco conosciuto, iniziava solo allora ad affacciarsi sulla scena italiana, al pari della cannabis, per restare nel filone delle eccellenze. Nessuno, quindi, avrebbe osato cimentarsi nel seminare queste trappole linguistiche di basso bracconaggio. Ci si dedicava molto, invece e più signorilmente, alle buone letture sull'argomento.
Posto che "La sostanza del problema" (assicurarsi la gnocca in tempi ragionevoli) rappresentava ovviamente una questione altrettanto pressante.
Il testo al quale si faceva ciecamente riferimento era un voluminoso tomo di circa 462 pagine, considerato come una pietra miliare nell'ambito della sessuologia. Si trattava di: "Come farsela dare in 45 minuti", scritto da un anziano caposcuola nordamericano, vera celebrità negli studi di questo settore, tale Maj Wysta.
Il branco degli (allora) giovani maschi, disponeva però di un solo volume che, a turno, veniva consultato dai vogliosi membri della specie. Tuttavia, tale volume ci era giunto (rubato) già vecchiotto ed era stampato veramente male, di pessima qualità, con addirittura dei gruppetti di pagine appiccicate e quasi inseparabili. Quindi l'impressione dopo la lettura di alcuni capitoli (quelli con le figure) generava una certa inquietudine, una opprimente ansia, come se alla fine qualcosa di fondamentale sfuggisse o non fosse ben compreso.
Per cui, quanto effettivamente queste trepidanti letture, spesso notturne, siano state utili al raggiungimento del traguardo, non è cosa che si possa confessare ai nuovi rappresentanti della specie. Anche perché la diversità delle strategie messe in atto per affrontare il sempiterno tormento, rende le esperienze incomparabili. (Questo l'ho scritto un po' per pararmelo, lo ammetto).

Comunque, per ciò che riguarda l'eventuale stesura di un "mantra", qualora inopinatamente mi tornasse qualche prurito, in tasca qualche parolina da sparpagliare ce l’ho anche io. Il fatto è che al solo pensiero un dubbio mi assale e mi intimidisce: e se il mio "mantra", pur decoroso, non fosse abbastanza lungo?



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