mercoledì 20 aprile 2016

LE IRRINUNCIABILI CADUTE












Dice che quando camminavano lungo il fiume lei è caduta. Ma ha riso subito, senza provare dolore. Il dolore un'altra volta, tanto tempo fa. Di quel riso che ti contagia anche se poi arriva, il dolore. Poco prima sembrava che alcune parole fossero alte, molto alte, come le nuvole bianchissime di quel giorno. Poi invece sono scese, le parole. Alcune dolci, le altre puro miele. E camminavano, camminavano come un corpo solo. A tenerli uniti era una speciale tensione sottile, qualcosa che avevano perso per strada. E poi una quieta ansia, rassegnata, quasi consunta, che ha a che fare forse con le cadute. Viene da lontano e non ci interessa e non vogliamo sapere da dove, perché tanto accade, e accade nonostante noi, come le più belle cose e quelle più brutte.
A parte il muschio, dice, dietro c'era il verde degli alberi quando si è girata e lui le ha detto di non farlo più, di essere così, perché quelli così poi cadono. Si fanno male. Dalla tasca allora lei ha preso un fazzoletto di carta stropicciato. Buffo, la prima cosa che lui ha pensato è di scriverci sopra qualcosa per il viaggio. Qualche informazione valida, qualche buon consiglio, delle buone parole.
A volte, seppure siano passati molti anni dalla caduta, qualche parola torna utile, dice. Però gli è venuto in mente che aveva lasciato la biro in macchina. In macchina stava ascoltando in quel periodo il Messiah, di Handel e la biro la usava per annotare su un foglio le tracce da riascoltare, le irrinunciabili, soprattutto la 2 del primo CD, secondo lui: "Comfort ye my people" (Consolate il mio popolo). Sull'altra metà del foglio era annotato solo un 3, ma riferito al Presto (Assai meno presto) nella Settima di Beethoven che aveva ascoltato nel mese precedente e, dice, solo quello, perché quello aveva a che fare con le cadute. Secondo lui.
Con la biro avrebbe scritto che tutti quelli che cadono sono anche nel Salmo 145. E sono stati sorretti. Poco conforto? E lo diceva anche Beckett, che Dio benedica tutti quelli che cadono. Minimo conforto? Ma la biro era nel cruscotto, mentre quelli che cadono erano lungo il fiume, non sono stati sorretti nel momento del bisogno, si sono fatti male proprio ed hanno pianto davvero, una volta, dice. Per una caduta. Questo la dice lunga su come vanno alcune cose. Perché quando si cade si precipita verso il centro della Terra. C'è poco da fare, si è inghiottiti dal buio nonostante la propria innocenza. E' la gravità. E' mancare, venire meno, perdere l'equilibrio. Atti difficili da invertire in un secondo, da lenire con un Salmo. Forse lo sapremo. Intanto è andata così. Lei è caduta, una volta, si è fatta male e ha pianto. E lui non aveva la biro per consegnarle delle buone parole che magari non sarebbero servite. E non ha provato con la voce perché a volte vengono male con la voce e quella volta non poteva sbagliare.
Sbagliare con la voce per tentare di alleviare una caduta è fare un grave torto alla caduta stessa, in primo luogo, è privarla della sua oscura dignità, disconoscere la sua gravità, e poi è una maldestra ed inutile offesa a chi è caduto. Errori gravi, che il silenzio non fa. Forse anche con la biro si sbaglia, ma, come diceva sempre Beckett, si può provare ancora, e sbagliare meglio.
Poi dice che l'aria ha fatto il resto. Era buona, sentiva di acqua e di campagna, ma come solo di radici o di sicuro riparo per i nidi e a volte sembra persino che momenti così curino le ferite. Sono cose che gli uomini hanno dimenticato in fretta. Ma se voi ammettete che due, dice anche solo due, possano pensarla ancora così e respirare perbene così, beh, ammetterete che ci si possa rialzare, anche dopo anni, senza accorgersene magari, senza riscatto, solo con la certezza che il ricordo della caduta non contaminerà mai quei momenti, speciali e unici nei quali vi sentite salvi. Proteggere quei momenti è il contrario di cadere. Difendere quei momenti è il futuro, se vi interessa. 

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