Finalmente mi corico e chiudo gli occhi. Ma quasi subito si
affacciano dei pensieri che, non so per quale insana ragione, ritengo debbano
essere annotati. Allora mi rialzo, accendo la luce, metto le ciabatte, cerco un
pezzo di carta, una matita, mi appoggio ad uno scaffale e tento di riordinare
la melma in forma scritta. ('na menata...)
Trascorsi
meno di tre minuti, immancabilmente soccombo all’assenza di parole decenti ed
al torpore che mi assale. Lascio perdere tutto, butto il foglio, depongo la
matita, tolgo le ciabatte, spengo la luce e torno a dormire.
Poco
dopo, la fregola del verbo mi ripiglia. Mi alzo di nuovo, riaccendo la luce
eccetera... ('n'altra menata!)
Così
le notti.
Poi
un giorno, rovistando tra vecchi documenti, mi capita tra le mani la pagella
della scuola elementare con inciso il giudizio di merito conclusivo: “...con appena sufficiente diligenza,
propende, anzi, spicca per atteggiamenti dispersivi e inconcludenti”.
Placato,
da allora ho ritrovato l’estasi del sonno, il nirvana della quiete. Finalmente mi
corico e chiudo gli occhi.
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